contengono
questo termine: Kara che in turco vuol dire nero, è aggettivo
iniziale di molti luoghi geografici sparsi per tutta l'Asia
centrale.
VERSO KASHGAR
Un fiume di fango e massi e piombato sull'unica strada per Kashgar.
Mi fermo… Attendo... Cerco di pensare cosa fare.
Si allunga la piccola fila di automezzi inermi.
Capiamo cosa fare: da alcune automobili escono due tre pale
e si comincia a levare il fango, prendere grosse pietre da buttare
su quella che prima era la strada, ma sembra non servire a niente.
Altra terra e sassi cadono. Si ricomincia, il sole brucia, cerchiamo
ancora di riformare la strada.
Quattro o cinque ore dopo si cerca di passare. Una jeep si rivolta.
Con la moto riesco a lasciarmi tutto questo alle spalle. Le
montagne sono rosse. Quaranta chilometri dopo, è quasi
buio, stessa storia, ma questa volta è solo fango e non
c'e modo di arrangiarsi. Ci provo e, incredulo, preoccupato,
la moto fumante, fango a più di metà ruota, riesco
a superare i circa trenta quaranta metri di ostacolo.
KASHGAR
Sembra di essere in Turchia.
Immenso bazar a cielo aperto, file interminabili di pioppi,
carretti tirati da somari e biciclette e biciclette ancora.
Alcuni poliziotti cinesi cercano di sciogliere l'assembramento
di decine e decine di persone ferme a guardare me e la moto
di fronte alla moschea principale.
Parto per il passo Tourugart tra Cina e Kyrghizistan, (ex URSS):
circa 150/200 chilometri di sterrato. Sulla cima del passo,
4000 metri circa, tra valli e montagne che sfiorano i 5000 metri,
a perdita d'occhio solo natura, un immenso arco, come un arco
di trionfo, segna il confine. Al di la, dopo una ventina di
chilometri di terra di nessuno c'e la Kirghizia.
Riconsegno la targa cinese.
Sembra di avvicinarsi ad un lager: torrette di controllo, filo
spinato, doppio cancello tipo "tocca e rimani fulminato".
Solo al ritorno ho saputo che intorno la zona è in gran
parte minata!
Mi avvicino. Le due guardie armate chiudono il cancello, è
l'ora del rancio. Le ore diventano due. Intorno solo natura
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